Conosci il gioco Pokemon Go?
Pokemon Go in Europa
Nel 2016 frequentai un Master a Barcellona. Un giorno, all’uscita dalla sede della scuola, vidi un gruppo di miei compagni fermi con il telefono in mano. Stavano scrivendo? Stavano facendo una telefonata con Skype? Macché. Stavano giocando al Pokemon Go, che proprio in quei giorni era “sbarcato” in Europa. Dopo qualche mese, il fenomeno Pokemon Go, in Spagna, svanì. Sono trascorsi due anni ed in Giappone il gioco è più vivo che mai.
Cos’è il Pokemon Go?
Per chi non sapesse assolutamente di cosa si tratti, questo “passatempo” consiste nell’acchiappare questi Pokepupazzi che appaiono in realtà aumentata geolocalizzata con GPS.
In pratica è come vivere in un’altra dimensione, strutturata come quella reale, però con questi simpatici personaggi. Mi viene in mente Stranger Things.
Il gioco sembra essere strutturato in maniera impeccabile. Addirittura esistono delle Pokepalestre, cioè dei punti in cui ci si allena. Dentro di queste ci sono i Pokestop. Chissà se c’è pure la Pokepiscina. Nel caso, mi interesserebbe.
Battendo gli avversari nell’allenamento si ottengono delle bacche per nutrirsi. Herbalife? Chissá. Poi ci sono le Pokeball. Credo servano per catturare i pupazzi. Non ho voglia di approfondire. #cherotturadiPokeball

Cercando di acchiappare il Pokepupazzo
Che rapporto hanno i giapponesi con il Pokemon Go?
Quando arrivammo a Tokyo, ci capitò, in varie occasioni, di vedere dei gruppi di persone ferme sulla strada di casa nostra con il telefono in mano. La prima volta pensai che ci fosse un allarme tsunami. O terremoto…o Kim Yong che ci stesse per lanciare un Pokemissile. Oppure che stiano scroccando il Pokewifi? No, i giapponesi non scroccano. La seconda volta sbirciai e capii.
Quelle erano delle Pokepersone (ma comunque troppe).
Se scrivo un articolo sull’argomento è perché considero la questione tutt’altro che banale. Qui sono tutti Pokefissati. Anche se piove, se nevica (visto con i miei occhi, leggi Neve a Tokyo: il dramma dei mezzi pubblici), se ci sono quaranta gradi all’ombra e nessun Calippo all’orizzonte, loro DEVONO radunarsi per il Pokemon.
La questione su cui vorrei soffermarmi è che non sto parlando solamente di giovani. Anzi. Fermi lì, giocando, ci sono anche uomini e donne di settant’anni, madri con i proprio figli neonati nel passeggino… ed io che faccio le foto, basita. Cosa darei per vedere mia nonna giocare col Pokemon Go. È il mio Pokesogno proibito.

11 del mattino, pochi “fortunati” si permettono il lusso di giocare al Pokemon Go
In realtà, quanto i giapponesi fossero Pokefissati, lo avevamo capito quasi immediatamente al nostro arrivo.
Ciclista ubriaco cercando il Pokemon
Avevamo firmato il contratto dell’appartamento da un paio di giorni e, non conoscendo nulla del quartiere, decidemmo di fare un giro.
Erano le otto di sera di un mercoledì di maggio. Era tutto tranquillo ma si respirava un’aria frizzante: per la prima volta ci rendevamo conto che anche i giapponesi si ubriacano. Eddai. E di brutto, poi.
In particolare, fra tutta questa gente che aveva alzato un po’ troppo il gomito (ma, a parer mio, pure la spalla), ce n’era uno davvero fuori da ogni standard. Questo ragazzo stava andando in bici. Pedalava e sbandava visibilmente. In una mano reggeva il telefono, nell’altra l’iPad. E, attenzione: li stava usando entrambi, contemporaneamente. “Sarà uno del circo Orfei”, pensai. Poco dopo mi venne in mente la barzelletta di Pierino, che andava in bicicletta senza mani, e alla fine senza denti. Già. perché questo giapponese fece una scenica caduta per terra. L’asfalto non perdona.
Cosa stava facendo? Giocando al Pokemon Go, chiaramente. Il telefono e l’iPad insieme erano la soluzione per una caccia più efficace? Chissà. Non lo sapremo mai. L’unica cosa certa è che, dopo averlo aiutato a rialzarsi, ripartì. Con l’iPad in una mano, il telefono nell’altra. Aridaje.
#vogliamoLellaalPokemonGo!!!! 😀
#PokemonLella